Le cose di dopo

Il Contest del FLA2020

Il fattorino

di Marco Gelli

Mise il cesto nel montacarichi, strisciò la card e il display si accese.
«Buongiorno tek19.» Disse la voce.
«Digitare codice spesa.» Disse la voce.
Tek19 fece il numero. Premette invio.
«Elaborazione dati in corso.» Disse la voce.
Tek19 aspettò che “l’aggeggio” si decidesse a funzionare. Era un dispositivo antiquato. Per poveri.
A tek19 non piaceva quella zona, non l’avevano mai mandato lì prima di allora.
Pensò a un errore nella consegna ma poi il montacarichi si mise in moto e il cesto salì fino al ventesimo piano. Dal display partì una musichetta d’attesa, una hit vecchia come il mondo: Andrà tutto bene.
Il carico arrivò in cima, ci fu un’altra “elaborazione dati in corso.” Colpa del cliente che, prima di dare il via libera, volle controllare a mano il contenuto del cesto. Dopodiché ricaricò il display.
«Avvicinare la card.» Disse la voce.
Tek19 ubbidì.
«Transazione in corso.» Disse la voce.
Ci fu uno squillo che confermò il versamento. Il cliente votò la consegna con tre stellette su cinque.
«Spilorcio.» Disse tek19 tra i denti.
C’erano voluti venti minuti per l’intera operazione. Un’eternità.
Tek19 diede un’ultima occhiata schifata al palazzo, voltò le spalle. Gli rimanevano ancora dieci consegne da fare quella mattina. Affrettò il passo per recuperare il tempo perso e raggiungere il furgone parcheggiato lontano; il computer di bordo, per proteggere il carico, gli aveva impedito l’accesso alla zona.
“Dio santo, l’azienda si è ridotta proprio male per raggranellare nei bassifondi.” Pensò tek19.
Non aveva mai avuto esperienze di assalti frontali, ma se ne leggevano di ogni sulla rete.
“Per questo incarico chiederò la maggiorazione di rischio. Sicuro.” Pensò tek19.
Gli avevano infilato quella consegna in mezzo al suo normale percorso, come se niente fosse. A tradimento.
Avrebbero dovuto dargli un partner, qualcuno esperto nel maneggiare un’arma. Tek19 aveva fatto l’esercitazione, cinque anni prima, ma non si era mai trovato nelle condizioni di usare la pistola. Aveva sparato solo a delle sagome, calmo, mentre l’istruttrice gli diceva: «bene così.»
Lo avevano fatto tutti i fattorini. Poi c’erano le “guardie” che le aziende mettevano a disposizione in caso di incarichi ad alto rischio.
Incarichi come quello.
Mentre correva, tek19 toccava la pistola. Il pericolo più grande era quello d’incappare in chi “se l’era preso.” Gente disperata e disposta a tutto pur di sopravvivere. Gente senza più scatti, senza un lavoro, senza una casa.
O solamente, “comuni” predoni.
Secondo la “visiera”, di quel passo, tek19 avrebbe dovuto raggiungere il furgone in dieci minuti.
Ampliò lo scenario, abbracciando più snodi, sino ad arrivare al furgone, ora solamente un puntino rosso che lampeggiava.
«Girare a sinistra.» Disse il suo casco.
Tek19 si era spinto troppo oltre e quasi aveva dimenticato il presente.
Ritornò alla realtà aumentata di primo livello e la via s’illuminò. Senza gli orpelli tecnologici sarebbe apparsa squallida. Buia. Tek19 ringraziò di non dover sentire altri odori oltre il proprio fiato.
Per quanto il percorso calcolato dal navigatore fosse il più breve, di certo non era il più sicuro.
Il vento si portava con sé la sporcizia di un intero decennio. Di quando il mondo era ancora "all’aperto". Le finestre erano tutte quante chiuse, i motori dei depuratori rombavano ovunque, nella via deserta. Dall’altra parte c’era il mondo dei paesaggi artificiali, di vite artificiali.
Erano i fattorini gli unici sopravvissuti. Le “cerniere.”
Tek19 si lasciava alle spalle quelle strade, gli alti e decrepiti palazzi, e pensava a quante persone fossero ancora realmente vive là dentro.
La visiera segnava pochi minuti. Doveva superare l’angolo poi sarebbe stato a casa. Nel furgone, lontano da lì. Con le sue solite lamentele. Il suo fermo proposito di chiedere una maggiorazione o, quantomeno, un supporto all’azienda…
I suoi pensieri vennero interrotti.
Tek19 sentì dei rumori, qualcosa che si risucchiava l’aria come se avvizzisse. Non era il borbottio del suo “scafandro.” Quel suono liscio e pulito dell’aria buona messa in circolo. Era un gorgoglio tetro, che strideva.
Tek19 accarezzò la pistola, la strinse, la sfilò dalla fondina, la sollevò, la puntò davanti a sé. Qualche passo, accorto. Alla sua destra, una stradina si chiudeva cieca, stretta tra due palazzi.
Addossato al muro c’era un uomo. Come accartocciato. L’uomo vide tek19, allungò una mano tremolante come cercandolo. In una supplica patetica.
Risucchiava pesante l’aria.
Era il primo essere umano che tek19 vedeva da un anno. Ne era disgustato.
Disattivò la realtà aumentata e, per un attimo, rimase a guardarlo. Pensò che l’unica differenza tra lui e l’altro fosse il lavoro.
Gli rimanevano ancora dieci consegne da fare quella mattina.

 

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