Le cose di dopo

Il Contest del FLA2020

La mia origine non è la pioggia

di beniamino cardines

La mia origine non è la pioggia.

Sono una goccia d'acqua come tante. Come tutte le altre finirò per asciugarmi, per evaporare, per non esistere più. Tra poco la mia presenza imbarazzante, il mio percorso sempre interrotto da mani premurose, saranno solo un ricordo. Mani mani mani. Tra poco sarà tutto finito e ogni cosa tornerà al suo posto come prima. Prima che io apparissi e striassi qualche centimetro di pelle. Io, goccia. Io, bagnata. Lo sono stata prima e lo sarò dopo.

La mia origine non è la pioggia, non è una fontana, non è una spugna strizzata. Non provengo da una fonte d'acqua esterna, ma piuttosto interiore. Il mio sgorgare non è felice gioioso libero spensierato... sono generata dal dispiacere, dal dolore, dalle ombre della vita. Da ciò che fa male e da ciò che fa troppo ridere. Io, io, sono una lacrima. In questa storia non c'è niente da ridere.
Il mio brevissimo percorso è sul volto di una bambina. Davanti a lei solo polvere, gente che corre in tutte le direzioni, gente che urla. Gente che non è più gente ma solo pezzi di carne dilaniati da una due tre bombe che improvvisamente hanno squarciato il sole, la giornata, il mercato.
Dov'è la mamma? La mamma non c'è più.
C'è una contrazione che mi precede, è come se fosse finito tutto. Come se il cuore si fosse fermato o non volesse più riprendere a battere. L'incertezza, il bilico, il terrore, lo smarrimento. La solitudine improvvisa, inattesa, violenta. Tutte queste emozioni si confondono alla polvere e non sanno più esistere se non nella totale confusione che impedisce qualsiasi spiegazione della realtà.

La bambina si chiama Siria, ma presto non si chiamerà più. Nessuna identità. Nessuno saprà riconoscerla. Una bambina? Un popolo? Una cultura? Non le resterà che fuggire come tutto il mondo attorno a lei. Ma qual è la direzione giusta? Dov’è il prima e il dopo?

Io parto dagli occhi e scivolo giù. Vado verso terra, una terra che non riuscirò mai a toccare. Il mio destino di lacrima mi impedisce di fare qualsiasi progetto per il futuro. Qualcuno mi fermerà molto prima che io possa arrivare alla periferia di un volto, una faccia, seppure quella piccola di una bambina.

In lontananza un'altra detonazione. Altre bombe. Ora tutto è piombato in un silenzio surreale. Non c'è più nessuno per strada, sembrano tutti spariti. Nessuno corre, solo i corpi morti sembrano fuggire verso una direzione inspiegabile e unica per tutti.
La bambina piange, altre lacrime striano il suo visino impolverato. Siria è sconfitta, si mette le mani tra i capelli, ancora polvere e pezzetti di cemento. A qualche metro da lei vede uno straccio, sembra il vestito di sua mamma. Ma sua madre dov'è?
Siamo in tante a bagnarle la faccia oggi. Tante libere di sgorgare, di solcare la polvere, lasciando come strane tracce, disegni, testimonianze di una storia. Una brutta storia che si ripete da troppo tempo. Siria si siede a terra, piange e aspetta. Vorrebbe che qualcuno passasse e le tendesse la mano. Qualcuno che le facesse un sorriso che la prendesse in braccio. Ha solo quattro anni. La mamma non c'è più. La mamma dov'è?
Siamo in tante, io goccia, io lacrima e tutte quelle come me costrette a scivolare sul volto della sofferenza, del vuoto, della solitudine. Troppe per essere contenute tutte dal cuore di Siria, troppe anche per la sua piccola faccia di bambina.
Siamo in tante. Su una terra secca da millenni, scendiamo, ma l'acqua che portiamo non irrigherà nessuna fioritura, nessuna bellezza, nessuna felicità.
La chiamano guerra. Dopo, non c’è un dopo.

 

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