Le cose di dopo

Il Contest del FLA2020

La bambina senza tempo

di SELENE PASCASI

LA BAMBINA SENZA TEMPO
«Paola Mantesi? C’è una consegna per lei».
«Si, sono io. Può salire al terzo piano».
Un istante ed era già lì, sull’uscio che Paola aveva appena aperto. Neanche il tempo di sporgere il busto sottile e incurvato sul pianerottolo, che quella bimba lentigginosa le catapultò tra le mani un fascio di fiori. Il suo viso le sembrò familiare. Le parve di scorgere in lei tratti di un passato che le sfuggiva. La piccola apparteneva al suo ieri, ne era certa. Quanto a sensazioni era imbattibile. Uno sguardo e si faceva strada fra le amarezze e le illusioni della gente. Ne sfogliava l’essenza usando sensi ignoti persino a se stessa. E quella voce, quelle movenze, in qualche modo le appartenevano.
«Anche questa lettera è per lei».
La piccola lasciò cadere il foglio e scappò via. Chissà dove sarebbe andata. Se fosse stata una bambina come tante sarebbe corsa a giocare, ma non lo era. La abitava un indecifrabile mistero. Magari, pensò Paola, andrà a rifugiarsi ai piedi di una quercia lasciandosi anestetizzare dai racconti delle radici scampate alla terra. Inventerà storie, le inciderà su foglie giganti e le affiderà al vento pregandole di raggiungere le notti di chi versa nel buio vuoti incolmabili. Artefice di sogni. Ecco, chi era.
E la sua casa? Forse, uno spicchio di luna. Una luna di carta da cui scrutava la terra. Una visione onirica, dannatamente vera, che la affascinava. Osservarsi vivere era sempre stato il suo cruccio. Paola aveva tentato in mille modi di estranearsi dal corpo per giudicarsi e vomitare i sogni abortiti e le stupide romanticherie colpevoli di averle graffiato le ali. Non ci era mai riuscita. A bloccarla, il timore di guardarsi dentro.
Se ne avesse avuto il coraggio, avrebbe potuto assistere al cortometraggio della sua vita anche se quella visione le avrebbe infangato a fuoco il futuro. Forse per questo, ogni tentativo di evadere le scagliava nelle vene bagagli di silenzi.
Maledetti silenzi. Silenzi e nessun rumore d’amore. Men che mai di libertà.
Invece quella creatura portava tatuati sulla pelle i segni della libertà più vera. Della libertà di chi è riuscito ad osservarsi vivere consacrandosi alla consapevolezza. E custodiva la saggezza di una donna immune al tempo. Una donna. Assurdo!
Che poteva saperne, a quell’età, delle lame che ti piegano i polmoni quando tutto crolla e vacilla l’equilibrio in cui galleggi per non arrenderti? Nulla.
Magari aveva conosciuto il pianto, sì, ma il pianto dei bambini.
Il pianto degli adulti, no.
Allora da dove colava la vita che serbava? E se la piccola fosse stata una nostalgica proiezione dei suoi pensieri, un parto isterico del desiderio viscerale di essere madre? E se alla sua porta non avesse mai bussato nessuno? Ipotesi folle, quanto imponente, che la scavò dentro fino a monopolizzarla.
Pensò a Nietzsche «La vita è fatta di rarissimi momenti di grande intensità e di innumerevoli intervalli. La maggior parte degli uomini, però, non conoscendo i momenti magici, finisce col vivere solo gli intervalli».
Comprese. La piccola era un intervallo magico dei suoi giorni giovani che volevano dirle qualcosa. Ma cosa? Si addormentò presto quella sera.
A svegliarla, una nenia «Promesse bagnate dal tempo. Ricordi sbiaditi. Caramelle. Non riconosco le mie rughe. Natali dissolti, i miei». E ancora «ogni voltà che ne sentirai il bisogno, pronuncia il mio nome –Bianca – e verrò da te. Ti basterà voltarti e potrai stringermi forte, come una madre».
Isteria. Paola si difese cancellando dalla memoria quella strana giornata.
Trascorsero molti anni, Bianca non tornò più, ma Paola non riuscì mai a gettare nel pattume quel che restava del bouquet di iris e tulipani che le aveva recapitato. Era la prova tangibile che i fiori, almeno quelli, esistevano davvero. Ormai secchi, erano rinati come segnalibri avvolti in velluti amaranto. Guardarli la scaldava.
La lettera che li accompagnava, no. Quella non l’aveva letta. La temeva.
Ma era anziana e malata. Doveva farlo prima che non potesse più.
L’aprì e ne riconobbe la grafia in un battito di ciglia.
Sfilò gli occhiali, affidandoli al tavolo di cristallo adagiato sul tappeto posizionato alla destra dell’invadente divano giallo, chiuse lentamente gli occhi e la lesse senza leggerla, protetta dal sipario dell’esistenza.
Ti scrivo, persa in un destino distratto.
Ti scrivo sperando che tu possa scusarmi per le promesse non mantenute e i giochi interrotti troppo presto. Cara piccola me, eri trecce e sorrisi freschi di menta, fiocco di sole che voleva amare ed essere amato. Ed io, che avevo giurato di amarti, non ci sono riuscita. Sono vissuta senza me, lasciando la finestra spalancata ai sogni senza volerli davvero afferrare. Senza crederci.
Me lo ricordano le lacrime che mi solcano il viso, pesanti come il piombo.
Te lo giuro, ho provato a costruirti un futuro migliore ma le cose non sono mai come le immaginiamo da bambini. Si lasciano pezzi di cuore negli occhi di chi abbiamo amato. Si lasciano speranze nelle tasche bucate dei cappotti di chi non abbiamo apprezzato. E quel che lasciamo non torna, non deve tornare. Ma nessun tassello di noi cola a caso. Nessuna emozione è sprecata. Sai, c’è bisogno di morire per rinascere. E c’è bisogno di rinascere per correre il rischio di vivere i sogni.
Fallo. Fallo per me.
E portami questa lettera prima che io vada altrove.
Tremarono le mani di Paola, ripiegando quel foglio. Bianca era la piccola sé, tornata da un futuro mai vissuto per consegnarle la lettera. Strapparle un sorriso.
L’ultimo, che Paola le dedicò sussurrandole «amati, lo meriti».
Dalle sue mani stanche caddero, all’unisono, la lettera e la vita.
Un respiro abbandonò il suo corpo e un respiro nuovo scelse Bianca per abitarla e consegnarle una seconda vita. Forse, un destino migliore.
«E’ nata!».
«Dio quanto è bella… Benvenuta Bianca».
A volte, il futuro arriva inatteso per riannodarsi al suo passato.

 

Registrati o fai il login per votare!







Iscriviti adesso alla newsletter del FLA per essere sempre aggiornato su tutte le novità e le iniziative del Festival!