Le cose di dopo

Il Contest del FLA2020

Ricordi di futuro

di Elisabetta Tagliati

Le cose di dopo.
Le cose di dopo non sono quelle di adesso.
Dopo sarà tutto diverso, tutto migliore. E adesso devo resistere.
Se però mi fermo e penso davvero alle cose di dopo mi accorgo che il futuro è come quei punti difficilissimi a ricamo: dove l’ago per avanzare fa una misteriosa danza all’indietro. Così, tristemente, mi accorgo che il futuro è ricamato nel presente... anzi, addirittura nel passato.
Detta così sembra carino, ma è terribile! Perchè se il futuro è ordito nel passato io devo occuparmene subito: devo occuparmene nel presente.
Tante persone lo sanno e finiscono per fare prima le cose di dopo... per ritrovarsi che non è mai il momento di fare ‘le cose di adesso’.
Ci si impiglia in questa ragnatela appiccicosa, tra due mura che schiacciano: il passato e il futuro. E in mezzo cosa resta? Solo aria. Basta respirarla... e puf!, è già andata. Si è già coalizzata con quel muro di passato che guarda dall’alto, come fosse un’enorme diga, sempre a rischio di scoppiare.
Si sta come d’inverno sulle finestre le cimici: si attende la nostra ora. Lo facciamo ordinatamente, nonostante nel cuore ci paia di compiere ad ogni passo una rivoluzione.
Ogni passo trascinato, ogni sguardo sollevato, ogni respiro – sembra essere una battaglia contro un nemico invisibile. Quel nemico che ci attanaglia da sempre si chiama tempo.
Per gli antichi la morte era anche rinascita, il tempo saggezza e caducità; per noi è rimasta solo la seconda, in un mondo dove è sconveniente deperire. In una società che reputa una vergogna questa debolezza che alcuni di noi hanno di invecchiare. E’ letteralmente anacronistico, perchè cercando di non crescere invecchiamo senza maturare. Siamo frutta precocemente colpita dalla tempesta e che matura marcescente.
Io mi rifiuto di credere che ci vada bene così.
Lo leggo negli occhi dei nonni che abbracciano i nipoti, lo leggo nel ricercatore appassionato che spiega il frutto dei suoi studi alla platea, entuasiasta come un bambino.
Perchè invecchiare è un privilegio, per sè e per chi ci sta intorno. L’anzianità è una risorsa spesso dimenticata, una chiamata a guardare la vita da una prospettiva panoramica. Essere vecchi vuol dire aver smesso di sognare, ma essere anziani è vedere il proprio sogno negli altri. E lo sappiamo bene che i più grandi cambiamenti si compiono solo tramite la collettività.
Le mie cose di dopo contengono una scheggia anche di te che stai leggendo. Le tue cose di dopo avranno una piccola influenza di me.
E poi domani avremo più soldi, forse avremo dei bambini,... ma ieri non avevamo il lavoro o non avevamo ancora trovato l’amore. Ieri non avevo ancora scoperto che esisteva questo concorso... e il countdown sul sito mi comunica spietato che mi restano solo 38 minuti per terminare il mio scritto!
Sai che c’è? Forse ho capito cos’è che non ci piace dell’invecchiare... è che ogni momento si spegne una luce, ad ogni passo si avvicina la meta. E noi non sappiamo questa meta se ci piacerà, sappiamo solo che non potremo cambiarla se, una volta arrivati in cima, il panorama ci sembrerà un po’ scarso.
Cosa ci resta da fare allora? Non certo tirare fuori la bussola e perdere le ore migliori di marcia nell’indecisione della strada da prendere. Io faccio così (ma non credo sia poi molto furbo): guardo i sentieri, e quello più difficile lo scelgo. Non è follia, c’è una logica: se sto facendo un sentiero super ripido ci metto poco a scendere e prenderne uno pianeggiante se proprio quello che ho iniziato è oltre le mie forze.
Le nostre forze, però , possono stupirci tanto. Neanche noi sappiamo che tenacia può uscire quando davvero abbiamo a cuore un risultato. Ed è lì che c’è il nostro futuro: penzola come quella coda che ci allungavamo a prendere sulla giostra dei bambini.
Non c’è una creatura magica che trasforma ‘le cose di adesso’ in ‘cose di dopo’ : quella creatura siamo noi, ed è grazie al nostro contributo che deragliamo un fato avverso, o che ci scopriamo capaci di superare una difficoltà che, vista da lontano, proprio come quella cima che ci faceva la linguaccia all’inizio di un lungo trekking, sembrava insormontabile.
Le cose di dopo... le cose di noi.
Il mio passato è molto lungo. Dura vari passati. Ma questo non conta, se non per il fatto che sento il dovere morale di far fiorire quei ricordi nel domani, lasciando di me una distesa di azalee e sguardi trasognati. Come? Creando emozioni. Perchè, se ci pensiamo, al di là delle rughe, il tempo si misura in emozioni.
Cosa resta dei nostri anni sui libri? Le risate con gli amici, le punizioni immeritate, il primi amori,...? Emozioni.
Cosa di tutto ciò che abbiamo studiato resta? Ciò che ci ha colpito, emozionandoci. In quel momento il nostro cervello e tutto il nostro corpo si sono messi all’ascolto, curiosi e un po’ pettegoli. Ed è così che portiamo nel cuore qualcosa, ciò che noi abbiamo evinto da un’esperienza. Perchè ogni azione non è ‘una’ azione, ma un numero di azioni pari alla quantità dei testimoni.
Le cose di dopo non esisterebbero se non facessimo nuove esperienze. Noi non esisteremmo. Saremmo incorporei, attraverseremmo le persone lasciandole neutre e dimentiche di noi; mentre le sferziamo ad ogni parola, ad ogni sguardo, con tutto ciò che siamo. Tutto il nostro passato, tutti i semi di ciò che sarà, sfacciatamente emergono sfuggendo al nostro controllo... per fortuna.
Per fortuna non piacciamo a tutti. Nasciamo unici e ci riconfermiamo unici per come abbiamo deciso di impiegare il nostro tempo.
Anche quando ci sembra di non fare niente, determinati come non mai, sfuggiamo alla noia a suon di emozioni: stupendoci di quante piccole meraviglie non avevamo mai notato prima.
Così scopriamo che le cose di dopo sono le cose di ieri, le cose di ieri sono parte delle cose di dopo... in tutta questa folle tramatura c’è solo una certezza: le cose di adesso appartengono solo al presente, la risorsa più preziosa e limitata. E dobbiamo proteggerla con le unghie e i denti: perchè è nel presente che diventiamo il nostro futuro.


 

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