Le cose di dopo

Il Contest del FLA2020

Cara me stessa di dopo...

di Giovanna Errore

Cara me stessa di dopo,
come stai? Hai superato anche questa, vero? Se così non fosse, non starei qui a scriverti.
Come hai superato la pandemia? Che mondo hai costruito per dopo? Tutti noi lo abbiamo immaginato spesso. Dai più generici gridi di battaglia di “andrà tutto bene” ai più dettagliati programmi per la prossima vacanza, il prossimo anno, la prossima estate, il prossimo Natale. Abbiamo sempre pensato al dopo. Non so se abbiamo fatto bene, sai?
Forse avremmo dovuto concentrarci sull’adesso. Alcuni di noi lo hanno fatto, ma eravamo in pochi. Eroi della soffitta, così ci sentivamo, animi bohemién pronti a costruire un mondo migliore. Più vero, più autentico. Questa forse è stata la nostra battaglia più grande, quella per recuperare l’autenticità. È stata dura, sai, scoprire dall’oggi al domani che la nostra normalità fosse stata spazzata via da un esserino minuscolo, che non riuscivamo neanche a vedere.
Così ci siamo ostinati a chiamarla sempre, “normalità”. Anche se, in certi aspetti, di normale non aveva proprio nulla. Era normale accalcarci sul treno per non arrivare in ritardo al meeting? Accumulare oggetti inutili che ci facevano sentire vivi giusto il tempo di ricevere il pacchetto dalle mani del corriere? Era normale, mi chiedo ancora adesso, pensare così ossessivamente alla festa, ai vestiti, alla vacanza sulla solita spiaggia, al cenone di Natale con lo stesso menù dell’anno scorso? Non lo so, cara me stessa del futuro. Eravamo tutti convinti che lo fosse.
Solo in questi mesi, caotici e strani, lentissimi e confusionari, veloci e metodici, abbiamo decostruito tutto quello che sapevamo e provato a ricostruirlo da capo. È stata un’ibernazione collettiva, sì, anche per chi non è stato in quarantena. Anche per chi ha continuato a lavorare, a un incessante ritmo triplicato, mentre il resto del mondo si fermava.
E l’ibernazione cos’è? In natura, non è periodo di produttività. Non è periodo di riproduzione, non è periodo di attività alcuna. È un periodo di cambiamento, di recupero lento e graduale ma incessante. Siamo entrati nella pandemia in un modo e ne siamo usciti, spero, in un altro. Me lo racconterai tu, me stessa di dopo. Siamo stati bravi? Abbiamo utilizzato questo periodo per quello che veramente ci serviva?
Io credo di sì. Io credo che, consapevolmente o meno, siamo cambiati. Abbiamo preso la nostra energia vitale e l’abbiamo osservata, studiata, analizzata. Non potevamo usarla, costretti al un letargico logorio dei nostri divani con il peso del corpo, dei pensieri e della paura adagiato sui cuscini. Siamo stati costretti a guardarci dall’esterno, dall’alto, a chiederci “questa è la mia vita, cosa ne sto facendo?”.
Lo abbiamo scoperto, alla fine? Abbiamo trovato il senso? Non il senso universale, per carità, quello credo lo stia cercando ancora anche tu. Quello non lo troverà mai nessuno, e non è forse anche il bello del nostro fragile esistere? Però forse abbiamo trovato il senso del nostro essere individui e comunità. Chissà se abbiamo raccolto la sfida che quell’esserino minuscolo ci ha posto. Chissà se abbiamo capito. O almeno, se ci siamo posti le domande giuste.
Se lo abbiamo fatto, cara me stessa di dopo, a quest’ora dovresti stare un po’ meglio di me. La me stessa di prima. La me che ci affaccendava attorno a rituali senza importanza, che spendeva il frutto delle proprie energie e del proprio lavoro nell’apparenza e non nella sostanza. La me che era sempre troppo arrabbiata, troppo invidiosa, troppo spaventata per vivere l’adesso. Tu lo stai vivendo? Il tuo adesso, che è il mio dopo?
Spero di sì. Spero che tu stia vivendo ogni giorno come se fosse l’ultimo sul Pianeta Terra e ti stia chiedendo, ogni volta che hai la facoltà di scegliere, “sceglierei così di trascorrere le ultime ore?”. Spero che tu scelga sempre di trascorrerle in maniera autentica, vera, piena, tutte quante le tue ore sulla Terra. Attenzione, no, non ti arrabbiare, me stessa di dopo. Non ti sto chiedendo di fare più di quello che ho fatto io. Ti sto chiedendo di fare meglio.
Fai quello che desideri, quando lo desideri, come lo desideri. Non fare del male a nessuno. Non perdere fiato e tempo ed energie a rincorrere le apparenze. Non essere invidiosa di me, della te di prima. E neanche della te di dopo-dopo. Vivi pienamente la tua, di vita. Vivi ogni emozione. Affronta la rabbia e la paura, la stanchezza e la tristezza, e poi lasciale andare. Cogli ogni momento di gioia pura e fanne un mazzo di fiori da mettere sul tavolo, perché doni profumo e nuova linfa ai momenti in cui la gioia mancherà. Raccogli i tuoi sentimenti e osservali, senti il tuo cuore battere, raccontati. Non nasconderti dietro a nulla. Non aspettare il prossimo momento.
Il momento è adesso. Se hai paura, abbi paura adesso. Se sei felice, ridi adesso. Se sei triste, piangi adesso. Se desideri correre, saltare, cantare, fare un viaggio o una passeggiata, confessare il tuo amore o troncare un rapporto che non funziona, festeggiare un traguardo o anche una sconfitta, fallo adesso.
Ci ho provato, davvero, a diventare te. La me stessa di dopo. Più tollerante, più attenta, più viva, più empatica, più autentica. Spero tanto di esserci riuscita alla fine, almeno un po’. Spero che il dopo sia completamente diverso da quello che mi aspettavo, spero che ogni giorno ci sia una nuova emozione da vivere, una scelta da compiere, un bivio in cui imbattersi. Spero di essere stata in grado di lasciarti qualcosa di bello, me stessa di dopo, e spero che tu lo proteggerai.
Più di ogni altra cosa, spero che imparerai a proteggere te stessa. Sei una cosa fragile, me stessa di dopo, ti ho costruito su errori e dolori, tragedie e difficoltà. Ma dentro di te c’è tutto ciò che avrei voluto far fiorire. Spero di esserne stata capace. Ti auguro il meglio, me stessa di dopo. Ti auguro di esistere, di essere felice e di essere più gentile di quanto lo sia stata io.


 

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