Le cose di dopo

Il Contest del FLA2020

Ascolto una storia

di Giovanna Guardiani

Ascolto una storia

Questa sera non aiuto mio padre al pub, esco con le mie amiche, andiamo a ballare. Sono arrivata nel pomeriggio al locale per lavare, lucidare, riordinare. La porta vetrata che sto spolverando dà su un ampio cortile fiancheggiato da pini marittimi, oltre s’innalzano palazzi antichi, ristrutturati in cui vivono persone ricche, professionisti, vicino a questi come la famosa pecora nera spicca un enorme palazzo che manifesta il peso degli anni con i suoi balconi rotti e le sue tapparelle a brandelli. Qui, al primo piano abita Raffaele, un bellissimo bambino, spesso durante le tiepide serate primaverili e autunnali bussa a questa porta perché vuole la panna cotta farcita con nutella. Lo conosco da quando era piccolo, è cresciuto nella miseria e nella trascuratezza affettiva. Si comporta in modo strano, è sempre solo, qui in cortile. Se ne va in giro quasi sempre con un bastoncino, ogni tanto si china, si accovaccia e dà la caccia ai gatti che in questo luogo abbondano e lui si diverte a farli scappare. A volte tira fuori dalle tasche pane e olio o pane e marmellata e con le mani sporche spalanca la bocca e infila pezzi mollicci in bocca. Oggi è entrato, si è seduto sulla panca, in fondo al locale, quella grossa che raramente capovolgo per metterla sul tavolo, quando spazzo. Mi sento osservata, infatti mi giro e vedo due grandi occhi neri puntati sul mio volto, rimaniamo in silenzio. Un silenzio stracolmo. Resta lì tutto il tempo, quando il pavimento è asciutto prendo due panne cotte farcite con abbondante nutella e le mangiamo seduti uno di fronte all’altro. Ogni tanto, tra un boccone e l’altro sbadiglia, gli chiedo se ha sonno.
-Sì, ho sonno, ho sempre sonno, dormo poco.
-Come mai?
-Il mio papà la sera va al bar e torna tardi, torna ubriaco, inizia a strillare e mena alla mamma, la mamma urla e così si sveglia anche la mia sorellina che dorme nella mia camera, barcollando viene nel mio letto, la stringo e piangiamo insieme. Ho paura.
-Tratta male anche te? No, a me no. Una volta sola mi ha menato e mi ha fatto male, mi è uscito molto sangue dal naso. Non va bene che mena alla mamma, vero?
- Vero
Una volta la mamma è andata con papà all’orto, quello vicino al fiume, ci sei mai stata?
-No, però conosco la zona.
- La mamma era andata da poco e subito dopo è tornata, le colava il sangue per tutto il viso, fino al collo, poi la signora Anna che abita sopra, l’ha accompagnata all’ospedale. Mi ha detto che era caduta su una zappa appoggiata sull’erba con la parte tagliente rivolta verso l’alto ma io l’ho sentita, quando, in cucina, ha detto, abbassando il tono di voce che papà le aveva dato uno schiaffo e subito dopo una spinta e lei è caduta sulla zappa. Loro sono andate al pronto soccorso e io ho pianto tanto, io piango e non dormo e ho pochi amici. Non so perché ma in classe mi evitano, non mi invitano mai a fare i compiti insieme. Non lo so perché. Una volta, quando abitavamo nell’altra casa, in collina, un giorno sono venuti i nonni a trovarci e io non mi ero accorto di nulla quel giorno, ero fuori a giocare, quando sono rientrato il nonno e la nonna mantenevano papà per le braccia, urlava come un pazzo:- Io a quella l’ammazzo, l’ammazzo! Mamma mi ha visto, mi ha strattonato, mi ha spinto fuori, ho sentito la sua ruvida mano stringere la mia e urlare, ha urlato forte:- Corriamo, corriamo, corri, corri Raffaele! Abbiamo corso tantissimo, quel giorno, quando forse si è sentita al sicuro si è fermata, ci siamo fermati. Si è accovacciata sul ciglio della strada, non c’era il marciapiede di cemento c’era prato, una striscia di prato. Accarezzava i miei capelli e mi diceva:- Raffaele ce ne vogliamo andare? Tu che dici? Andiamo in Brasile dalla zia, ci vuoi venire in Brasile?
-Mi dà fastidio quando mi dice così, anzi mi fa più male degli schiaffi che vedo perché quello è mio padre e io non lo voglio lasciare, vorrei solo che non succedessero tutte quelle liti, veramente non litigano, lui mena, mena sempre. Una volta, ero intento ad aggiustare il mio orologio, l’ho aperto tutto, veramente non sapevo aggiustarlo ma è bello vedere tutte quelle rotelline, ero in camera, ho sentito lo squillo del campanello e sentivo parlare, parlare. Provenivano voci dalla sala, sono andato ed erano i carabinieri, mi sono spaventato, ho sentito mio padre che diceva:- Io non le ho fatto nulla, quella è scema, quella per farmi passare un guaio inventa tutto.
-Ragazzo, stia attento, questa volta siamo venuti ad avvisarti, adesso ti abbiamo conosciuto e abbiamo conosciuto anche tua moglie, lei quando è venuta in caserma ha detto veniteci a parlare ma non arrestatelo, capisci! Stai attento, eh! Papà si accorge che sono dietro di lui e mi rispedisce in camera. – Non sono discorsi adatti a un bambino.
Mi racconta tutto ciò puntandomi i suoi grandi occhi neri dentro ai miei, abbandona i suoi ricordi e mi dice:
Tu mi puoi aiutare? Non viene mai papà la notte?
-No, non l’ho mai visto, a volte, quando ho lezione all’università, la sera esco dal pub prima di mio padre, lui resta sempre fino a tardi, chiederò, mi dispiace che soffri. Guardami, guardami ancora e ascolta attentamente ciò che ti dico, un giorno anche tu sarai un uomo, diventerai adulto, non trattare mai male, non fare del male a tua moglie e ai tuoi figli, non alzare mai verso di loro le mani. Promettimelo!
-Promesso.
-Hai capito ciò che ti ho detto?
-Sì, ho capito, non farò mai piangere una donna.
-Veramente non dovrai far piangere nessuno, dovrai amare, solo questo.
-Papà non ama la mamma?
-Non lo so, ma ci sono amori malati come ci sono corpi sani e corpi malati. Tutti hanno un corpo ma ci sono anche quelli malati. Gli amori malati hanno bisogno di cure.
-Adesso, dobbiamo andare, è tardi, ho ancora tante cose da fare.




 

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